La Sardegna conta più di 1300 chiesette rurali sparse per tutto il territorio. Una fitta ragnatela di storia spesso ben lontana dalle rotte più battute dal turismo di massa.
Si tratta di chiesette che rivivono spesso solo una volta all’anno, in occasione di qualche solenne processione, oppure sono ormai ridotte a ruderi venerabili e romantici. Sono edifici dalle dimensioni contenute, costruiti con devoto sacrificio, in contesti rurali silenziosi e spirituali.
Nella sola Alghero si contano nove chiesette campestri e dieci cappelle annesse alle ville gentilizie sparse nelle campagne algheresi, suggestive testimonianze di lontane nobiltà. Nostra signora di Valverde è di gran lunga la chiesetta più bella con il suo notevole altare settecentesco in marmo di Carrara e quattro colonne tortili in marmo nero. Decisamente più semplice e assai più recente è invece la chiesetta di Sant’Antonio Abate che risale all’epoca delle bonifiche agrarie intraprese agli inizi degli anni Trenta, specchio commovente di una comunità di frontiera, costretta a un lavoro duro e rischioso.
E infine, i ruderi, come quelli di San Pietro, della Vergine Lunafras, di San Lussorio e di San Michele (forse il più curioso, per via della sua forma vagamente nuragica). In questi luoghi solitari è rimasto un misterioso alone di sacralità mescolato all’incanto della natura come a fermare l’istante in cui una volta, tanto tempo fa, Dio prese dimora nei pochi metri quadrati del suo “monolocale”.